La cucina piacentina

La cucina piacentina

ricca di sapori tradizionali

L’offerta gastronomica della zona è molto ampia, non solo per il numero dei piatti, ma anche per l’abbondanza di ristoranti e trattorie dove poter scoprire i segreti di questa cucina tipica di una civiltà contadina povera che utilizza i prodotti locali. In quasi ogni centro abitato, dalle rive del Po all’Appennino, si incontrano locali dove si cucina utilizzando gli insegnamenti che osti e massaie si sono tramandati di generazione in generazione, aggiungendo a volte un pò di fantasia per personalizzare ogni pietanza. La gastronomia piacentina vanta una lunga tradizione nata assieme alla città stessa ed è pari nella ricchezza e nella fama ai suoi monumenti più importanti e significativi. Tra i prodotti locali più conosciuti ed apprezzati sono sicuramente i salumi tipici della zona, soprattutto i salami a grana grassa, la pancetta arrotolata, e naturalmente la “coppa”, la più tipica e caratteristica delle specialità piacentine. Questo insaccato richiede una stagionatura ben precisa e un uso limitato e sapiente delle droghe. Anche i salumi fanno parte della storia di Piacenza e si hanno riferimenti ad essi con parole lusinghiere in un opera del 1542, “La formaggiata di Sere Stentato” del piacentino Giulio Landi. Risalgono inoltre agli inizi del XIV secolo, notizie documentate sul commercio di carni insaccate a Piacenza. Naturalmente, oltre ai salumi, di ottimo pregio, vi sono anche i formaggi sia stagionati, come il Grana e il Provolone, che freschi, come la mozzarella e la ricotta. Anche in questo caso abbiamo notizie che risalgono indietro nel tempo. Scriveva infatti, nel 1477, il piemontese Pantaleone da Confienza, nella sua “Summa lacticiniorum”: “non trovo in altre regioni d’Italia formaggi più famosi dei piacentini”. Solo a Piacenza si può gustare, accompagnata da sapori dolci o salati, la “burtleina”, cucinata con ingredienti molto semplici, come farina, acqua e sale, ma molto gustosa al palato. Si tratta di una specie di focaccia fritta che è per Piacenza quello che sono la piadina per la Romagna, l’omelette per la cucina francese o la tortilla per quella messicana. I primi piatti tipici sono i “tortelli con la coda” e gli “anolini in brodo”. Gli uni sono tortelli con ripieno di ricotta, erbe, formaggio e uova chiuso da una pasta che forma delle code; gli altri sono composti da un involucro di pasta sottile ripieno di un composto di carne di manzo, pane grattugiato, formaggio Grana e uova, e sono simili agli anolini mantovani, ai “marubini” cremonesi, ai “cappelletti” reggiani. Non sono invece paragonabili a nessun altro piatto di altre tradizioni culinarie i “pisarei e fasò” primo piatto povero di estrazione contadina. Sono gnocchetti di una pasta composta da farina, pane grattugiato ed acqua, serviti con sugo di fagioli. Ancora tra i primi sono tipici della zona la “bomba di riso” al forno con carne di piccione e i “maccheroni alla bobbiese” fatti a mano con il ferro da calza e conditi con sugo di lepre e stracotto di manzo. Sono questi piatti di una tradizione più ricca, e la bomba di riso appariva frequentemente sulla tavola delle antiche famiglie nobili piacentine. Tra i secondi, il posto di onore lo hanno gli “stracotti” e il “brasato”, carni che sottoposte a una lunga cottura, sono particolarmente morbide; caratteristica è poi la “picula”, carne di cavallo tritata e cotta a fuoco lento. Sono tipiche però anche la polenta con sughi di carne, la “gallina faraona” arrosto, la trippa e la “coppa arrosto”, il più tipico dei salami piacentini frullato, aromatizzato con rosmarino e cotto nel forno. Le “lumache alla bobbiese” sono invece il piatto principe della cucina della Val Trebbia, soprattutto durante l’inverno. I molluschi che richiedono una cottura di quattro o cinque giorni, vengono serviti con un sugo di funghi e verdure. Naturalmente sono molto utilizzati in questa cucina i funghi porcini, tartufi bianchi e non, che possono essere raccolti in abbondanza nei boschi dell’Appennino. Il fiume Po regala ai buongustai ottimo pesce: acquadelle, chiamate in dialetto locale “stricc” e fritte tutte intere, l’anguilla preparata in svariati modi, lo storione, il pescegatto. La Val Trebbia e l’alta Val d’Aveto sono invece ricche di trote. I dolci sono all’insegna di una semplicità che non penalizza il gusto. Si hanno infatti le ciambelline dette “buslanei”, la ciambella, la torta di mandorle, il castagnaccio chiamato “pattona” e, per carnevale, i tortelli fritti o al forno, “turteill” e le sprelle.

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