Chiesa del SS. Rosario

Chiesa del SS. Rosario

edificio religioso dei padri Gesuiti a Paola

La Chiesa e il Collegio paolano dei padri Gesuiti (attualmente trasformati rispettivamente in Chiesa del Rosario e Palazzo Comunale), sono una creazione dei locali signori feudatari Don Tommaso e Donna Ottavia Spinelli, marchesi di Fuscaldo, che nel 1615 chiamarono i Gesuiti nella loro piccola città portuale calabrese. A tale scopo i marchesi Spinelli, nel 1617 acquistarono, per la "Compagnia di Gesù", un terreno sul quale doveva sorgere il complesso architettonico per la residenza dei padri Gesuiti e la Chiesa. In questo periodo ancora non era venuta fuori la proposta di arricchire la città di un collegio, difatti non appena un primo progetto fu approvato dalla Curia Generale dell'Ordine, lo stesso marchese Spinelli, pose la prima pietra per la costruzione della chiesa e della residenza dei Padri. La costruzione, però, non fece reali progressi tanto che tre anni più tardi si parlò sia di cambiare luogo sia di cambiare progetto perché invece di una residenza per due padri addetti alla chiesa, si voleva erigere un ampio e decoroso collegio per la formazione culturale e spirituale dei giovani. Chiaramente il concetto architettonico in questo tempo non era ancora ben definito.

Per espresso desiderio del marchese si fece quindi venire a Paola il P Pietro Provedi, architetto della provincia dell'Ordine, per provvedere ad un progetto definitivo. Così, non prima del 13 gennaio 1632 si addivenne ad una trasformazione della residenza in un Collegio con il quale poteva collegarsi un arricchimento del numero dei padri Gesuiti da inviare in Paola. Il marchese, frattanto, sia presso la Curia dei Gesuiti in Roma, sia presso il P. Provinciale in Napoli dichiarò di obbligarsi a provvedere "i fondi bastevoli non solo a due, ma a quanti erano necessari per la formazione di un Collegio". In realtà i lavori intensivi della costruzione non si dimostrarono tali se non intorno al 1633, dopo che giunse a Paola il Fratello Coadiutore Agazio Stoia, architetto dell'Ordine, il quale allestì un nuovo disegno del Collegio e perfezionò quello della Chiesa e diresse i lavori fino a tutto il 1634. Gran parte del Collegio fu terminato dieci anni dopo, cioè nel 1644. La Chiesa, invece, fu messa in condizione di svolgere le più essenziali celebrazioni liturgiche. I lavori si ritennero conclusi nel 1690 anche se le rifiniture della Chiesa continuarono fino al 1716 ed ancora oltre, perché, nel 1738 si perfezionò la Cappella di S. Francesco Saverio e nel 1742 si migliorò l'Abside. Un pregevole altare maggiore con marmi intarsiati dava splendore all'Abside. In alto, con cornici stuccate in oro, in grossi medaglioni sovrastavano, in un ciclo, i Santi Gesuiti con al centro la "Immacolata". A sinistra dell'Immacolata, S. Ignazio, fondatore dell'Ordine, a destra S. Francesco Saverio. Poi seguivano S. Francesco Regis, S. Francesco Borgia, Santo Stanislao Kostka, S. Luigi Gonzaga. Il coro e l'organo, su due colonne all'ingresso della Chiesa sono anche di questo periodo. Purtroppo dopo il 1767, anno in cui per ordine del Ministero Tanucci, i Padri Gesuiti furono espulsi dal Regno di Napoli, le tele della "Immacolata" con S. Ignazio e S. Francesco Saverio, furono sostituite da una unica grande pala d'altare che raffigura la Madonna con i santi nella lotta contro gli eretici.
Questa sostituzione fu operata dai padri Domenicani, dopo l'espulsione dei Gesuiti, perché il loro convento, in Largo San Domenico, era stato danneggiato da una alluvione. Da questo breve tracciato storico si può quindi concludere che il collegio e la Chiesa dei padri Gesuiti fecero capo a due progetti, quello del P. Pietro Provedi e l'altro del Fratello Agazio Stoia. Il primo fu elaborato negli anni 1617?1620, il secondo, invece, migliorando il primo, divenne esecutivo nel 1633. Il visitatore attento resta immediatamente colpito dall'imponenza di questi due edifici perfettamente legati l'uno all'altro.

L'interno della Chiesa è fatto da un'ampia navata con due cappelle per ogni lato e una abside semicircolare. In analogia con la maggior parte degli edifici sacri del tempo, costruiti dai Gesuiti, ci sarebbe da domandare come mai nel concetto architettonico originario non sia stata inclusa la Cupola ed il transetto. Ma il decorso delle antiche mura della città, che si rilevano al di sotto dell'attuale abside, fanno subito scartare questa supposizione. Risulta, nondimeno, molto interessante la strutturazione architettonica della Chiesa stessa all'interno.
Le pareti laterali della navata sono ritmate in uno schema suddiviso in spazi alternati che si restringono o si allargano. Difatti nelle chiese dei Gesuiti della stessa epoca si trovano a reggere la volta pilastri liberi tutto intorno. In questa chiesa, invece, in un settore si aprono le arcate per le volte a botte delle cappelle laterali, ed in un altro, ritmicamente alternato, si trovano spazi rettangolari che alla base hanno come delle porte entro le quali sono inseriti i confessionali. Praticamente la volta della Chiesa poggia su due ordini di pilastri: il primo all'interno e che in realtà sostiene sia la volta a botte sia le arcate delle cappelle laterali, ed il secondo, esterno, incorporato nella parete laterale, che fa da contrafforte. Quindi la volta a botte poggia sui pilastri interni, ma anche qui in alto c'è un altro gioco ritmico alternato fra una slanciata abside cieca e le finestre ornate con piccole arcate. Questa ultima alternanza ritmica in verticale contribuisce a dare slancio alla volta, che pur essendo alta, appare, così, ancora più alta e più leggera. Così si presentava la Chiesa di S. Ignazio verso la fine del settecento e così tuttora si presenta sotto l'aspetto architettonico, anche se le cappelle laterali hanno subito notevoli mutazioni a causa di aggettivazioni di tipo devozionistico.

testo a cura di Don Raimondo Verduci

da www. comune.paola.cs.it

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